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L’indomani replica dell’incontro dal pasticciere, e dell’inseguimento fino in via Cernaia. Quel giorno pranzai in una trattoria da quelle parti per non iscostarmi troppo, e verso le sette andai a passeggiare dinanzi alla palazzina aspettando di vedere il servitore. Avevo preparato un biglietto rispettoso, serio, pratico, degno d’una giovine inglese.

«Signorina,

«Dal primo giorno che la vidi dal pasticciere mi ha divorato il cuore col suo croque en bouche. Sono gentiluomo; patrimonio discreto, abitudini tranquille, carattere uguale, trentanove anni e undici mesi; un po’ avariato nelle funzioni digestive. Questa confessione le provi la mia lealtà. Quanto all’aspetto può giudicarlo da sè, e se potessi sperare di ottenere le sue simpatie, sarei felice di offrirle la mia mano, e di domandarle in ginocchio la sua».

Seguiva il nome e l’indirizzo, contrada, numero e tutto perchè potesse rispondermi.

Circa le otto vidi il servitore che usciva dalla palazzina e s’avviava ad un’edicola in piazza Solferino, dove comperò alcuni giornali.

Quando stava per rientrare in casa, me gli accostai, e gli dissi: