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— Se sono straniere in viaggio, può darsi che partano domani, che siano già partite questa sera, per Londra, per Nuova-York, per le steppe della Russia, e che io non le riveda più.

Parlavo in plurale, ma il mio rimpianto era per una sola.

Era notte inoltrata quando mi venne quel pensiero pauroso. Passai delle ore agitatissime, ed appena fu giorno, mi slanciai ai musei, alla sala d'armi, al giardino del re, al cimitero. Visitai molte chiese, poi il Teatro Regio, desolato come un disinganno, alla luce scialba che vi penetra di giorno, coi palchetti vuoti cavernosi come tante orbite cieche. Ma in nessun luogo incontrai la bella straniera.

— Sarà andata a Superga, pensai.

Erano le quattro del pomeriggio. Non avevo più il tempo di andarci anch'io. Stanco, affannato, corsi giù giù in via di Po, fino alla Gran Madre di Dio e passeggiai più d'un'ora nella speranza di vedere le viaggiatrici tornare.

Ma nemmeno per ombra! ed intanto pensavo la sua bella figura, i suoi occhi, la sua bocca rotonda, ed il suo appetito, il suo meraviglioso appetito. Mi pareva di sentire ancora il cric, cric del croque en bouche.

— Se fosse rimasta a Torino? Se fosse là, co-