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talità giovanili. La pace le era entrata nell’animo. Le occupazioni morali e serie che le riempivano la vita, le davano quel contento di sè, che tranquillizza il cuore e rasserena lo spirito. Era bella ancora, ma una bella matrona senza pretese, senza civetteria, senza ridicolaggini.

Leoni era stanco del suo isolamento, della sua stupida esistenza da scapolo, de’ suoi tentativi di conquista che riescivano come quello fatto con Odda.

S’intrattenne a lungo colla zia Evelina, si fece raccontare la sua nuova vita, le placide giornate d’Ameno, cosí occupate, così serene. La trovò buona, affettuosa, sensata. In un momento d’entusiasmo le disse:

— Come vorrei passare i miei giorni con lei e come lei ad Ameno!

— Come me, vale la pena di desiderarlo, rispose la zia Evelina; ma con me, poteva dirlo quindici anni fa; ora è troppo tardi.

— Oh! quindici anni... protestò Leoni, ostentando un’incredulità galante.

— Quindici, mio signore; e venticinque che ne avevo allora fanno quaranta. Ad Ameno s’impara a contare i proprii anni senza arrossire.

Odda, con quell’ospitalità cortese che la rendeva tanto simpatica, invitò Leoni a passare il no-