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Questo battibecco minacciava di durare tutto il giorno, col solito risultato delle discussioni, di lasciare ciascuno del proprio parere.

Ma fortunatamente per loro, signore lettrici, entrò un servitore con una lettera che lo zio Giorgio comunicò alle signore.

«Caro Giorgio.

«Ho fatto come l’ape, che vola di giardino in giardino, sugge i fiori, e passa, senza voltarsi a guardare se il suo bacio li ha avvizziti; poi, quando la primavera è passata, ed il suo corpo s’è fatto grave al volo, si richiude nell’alveare a deporvi il miele.

«Io ho svolazzato rubando dolcezze di baci traverso la Francia, l’Inghilterra, la Germania; ed ora che il sole di primavera è tramontato dietro i miei quarantacinque anni, portando seco le curiosità giovanili, i giovanili ardimenti, torno anch’io al mio bell’alveare ambrosiano.

«Non mi rimane più molto miele da deporvi, ma se tu mi aiuterai a trovare una collaboratrice giovine, onesta, buona, ho in mente che