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giovani dell'alta aristocrazia che avevano staccati i cavalli dalla carrozza e l'avevano strascinata all'albergo, serenate, doni di gran valore, versi.... Chiunque li avesse uditi parlare con quella passione, con quell'entusiasmo, avrebbe creduto che quella gente ricordasse un caro assente, un figliolo, la gloria e l'amore della famiglia.

Invece lui era stato l'amante dell'Ernesta; l'aveva trascinata con sè per qualche tempo di teatro in teatro, facendola stare nelle quinte ad aspettarlo con un mantello per coprirlo quando rientrava sudato, facendole portare la scatola da toletta, cucire gli accessori dei costumi. Poi un bel giorno lui aveva sposata una prima donna ricca, e l'Ernesta era tornata a casa coll'orecchio fesso da uno schiaffo, che le aveva fatto saltare l'orecchino da un capo all'altro del teatro.

E di quelle scene brutali ne aveva sofferte molte, a giudicarne dallo stato in cui era ridotta; e sui primi tempi dopo il suo ritorno non aveva osato mostrarsi per le strade di Milano, aveva pianto, aveva mandato ogni sorta d'imprecazioni. Ma le imprecazioni erano sempre state rivolte alla moglie. Tutto l'odio dell'Ernesta e della sua famiglia era per quella donna. «Se non fosse entrata di mezzo lei coi suoi denari, presto o tardi l'Ernesta sarebbe riescita a sposarlo, ed ora sarebbe moglie d'un grande artista, e ricca, ed in grado di aiutare i suoi....»

La slealtà, il carattere violento, i trattamenti brutali di lui, s'erano andati cancellando dalla loro memoria man mano ch'egli saliva in rinomanza.