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sulla tavola di marmo. Poi la signora Rosa, colle sue mani gialline e delicate, toglieva il tappeto che copriva i fornelli, alzava l'asse, e nei due bacini, rigovernava. Non ho mai capito perchè quella faccenda la facesse appunto lei, che aveva bisogno di serbare il suo ricamo candidissimo. Forse perchè era tanto esigente sulla pulizia, e non si fidava della rigovernatura sollecita che avrebbe fatta sua sorella. Ad ogni modo le sue mani non serbavano la menoma traccia di quell'ingrata operazione; erano sempre morbide e gialline, ed il ricamo non ne pativa. Al tocco il camino era di nuovo mascherato dal paracamino, i fornelli, ricoperti dall'asse e dal tappeto, avevano ripresa la loro aria misteriosa di sarcofago, e le due sorelle erano sedute al loro posto ai lati del balcone, coi loro lavori, che non ismettevano più fino alla sera.

Quando imbruniva, profittavano del breve momento in cui non era tanto buio da accendere il lume, per cenare con pane e noci, o pane e frutta fresca, a seconda della stagione. Poi accendevano una lampadetta ad olio, e tornavano a lavorare fino alle nove. Dacchè erano venute ad abitare di contro, la sera la passavano spessissimo da noi. Ma sempre lavorando. In casa loro, il balcone aperto era l'unico distintivo dell'estate; il caldanino ai piedi era l'unico distintivo dell'inverno. Il fuoco non era mai acceso nel camino fuorchè quando s'aveva a preparare il pranzo. Stufe non ce n'erano. I caldanini erano fatti colla carbonella e