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di sua sorella Rosa, che era sempre in cura pel suo fegato. Per disgrazia, appunto quel giorno il medico era a letto con un'infreddatura. Gli altri erano tutti in giro per le visite mattutine; e nè in casa nè alle farmacie si potevano trovare. Intanto la ragazza dava in ismanie, pareva che impazzisse.
Finalmente il padre pensò ad un malato di vaiuolo, presso il quale un medico aveva passata la notte, perchè l'infermo era aggravatissimo. Vi accorse, e trovò appunto il dottore che usciva dalla camera del moribondo. Non gli parve vero di condurlo subito da sua figlia, che a forza di calmanti si tranquillò, sebbene rimanesse inconsolabile.
Era guarita dalla convulsione; però, dopo alcuni giorni, fu presa dal vaiuolo, che si sviluppò violento, terribile. Il medico le aveva portata l'infezione. La sua forte natura, la sua gioventù lottarono lungamente, e trionfarono del male; ma la bella fanciulla rimase orrenda. La bocca era contorta, gli occhi loschi; la pelle violacea e fortemente butterata pareva la corteccia d'un popone; ed uno stiramento di nervi sotto la guancia sinistra, torceva perennemente il collo da quella parte. Così erano finite la gioventù e la bellezza della signora Caterina. Quelle dieci visite dello sposo, avevano riassunta tutta la parte di poesia e d'amore, concessa alla sua povera vita.