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un soldato che ad una signora. Signora, tanto per dire; ed equivale a donna del ceto civile; ma quelle due sorelle erano poverissime.

Possedevano di patrimonio comune ed indiviso, seimila lire, le quali, collocate presso un banchiere amico e lontano parente, fruttavano una somma netta di trecento lire all'anno.

Fino a pochi anni prima che io le conoscessi molto davvicino, le due zitellone avevano avuto la madre completamente cieca. A quell'epoca un cugino parroco, cedeva alla vecchia parente un quartierino, annesso alla sua parrocchia di S. Giovanni; quattro camere ed un giardinetto.

Lo cedeva gratuitamente, a condizione che le tre donne tenessero in ordine la biancheria della chiesa ed i paramenti.

Con quanta coscienza adempivano a quell'impegno! La domenica e tutte le feste comandate mettevano da parte i lavori dai quali cavavano da vivere, e, dalla mattina alla sera, s'affrettavano ad intrecciare alte trine a maglie complicate, per le tovaglie dell'altare. La signora Rosa, che sapeva lavorar di fino, ricamava a punto buono l'animetta per coprire il calice, il corporale, le cotte; orlava finamente i camici, gli amitti, ed i purificatori. Non c'era sagrestia più ben tenuta di quella di S. Giovanni.

La signora Caterina aveva la passione dei fiori; una passione muta, senza espansioni, e modestissima. Non ricercava piante esotiche o fiori di specie rara; curava devotamente i suoi geranî, i