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una lettera disperata. Suo marito era morto di febbre gialla sul bastimento che li riconduceva in Italia. Era sbarcata a Genova con un bambino. Non aveva coraggio di vivere fra la gente; il movimento della città la spaventava. Gli domandava di accoglierla. «Sarò la custode della tua casa, e tu alleverai il mio povero Vicenzino. Mi perdonerai il mio immenso dolore. Non sarò una compagnia piacevole come altre volte; ma ti compenserò col mio affetto della tua grande bontà, e tu m'insegnerai colla tua fede a rassegnarmi...»

Fu l'ultimo sfogo di passione, l'ultima convulsione di pianto, che scosse l'anima forte e combattuta di Vicenzino. L'ultima lotta della sua vita. Rispose all'Elena.

«Non sai che mi faccio missionario? È un pezzo che nessuno ignora questo mio disegno in paese. Non ho più casa da offrirti. Colla prossima missione partirò per le Indie. Saluta Vincenzo, e digli che si faccia una famiglia anche lui. È triste invecchiar solo.»

FINE.