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frequenti lavature degli acquazzoni, attiravano i piccoli sciami di farfalle bianche, a svolazzarci intorno il loro giorno di vita.
M'avanzai sulla scalinata fuori dalle sale vaste ed ariose, facendo lunghe inspirazioni di quell'aria buona, e pensando che i contadini, se si nutrono male, se lavorano come negri, se patiscono ogni sorta di disagi, hanno però quel grande compenso dell'aria vasta, abbondante, pura dai miasmi e dalle esalazioni malsane delle grandi città. Hanno la luce, lo spazio e l'immensa bellezza della natura....
Pensavo codesto allontanandomi via via dalla villa, isolata nel suo largo piano di giardini e pergole e boschetti, ed avviandomi verso un gruppo di case coloniche sferzate dal sollione. Mi ricordavo i bei quadri del Santoro Rubens, tanto ammirati all'Esposizione di Torino, ed un po' trascurati dai critici; quei gruppi di case bianche, un po' screpolate, un po' scrostate, battute dal sole ardente del mezzodì, povere, nude, di cui la grande bellezza è la verità. E pensavo, come avevo pensato dinanzi ai quadri del Santoro, che avrei voluto vivere in quelle case, che il bello non è soltanto nelle ville e nei palazzi signorili; che, forse, la villa maestosa che mi ero lasciata dietro, era meno pittoresca di quei casamenti miserabili, a cui l'arte non avrebbe avuto bisogno d'aggiungere nulla, nulla fuorchè il loro immenso sfondo di cielo azzurro, per farne un bel quadro.
In tutto questo c'è la bellezza della semplicità,