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lasciati perire i suoi figli per difendere il suo tesoro.

Ed io ero superba di esserle amica, o, come si dice in linguaggio di società, di essere in visita con quella povera creatura. Se a quell'epoca avessi conosciuto lei, maestro, ed avessi dovuto presentarlo a quella nullità, credo che avrei arrossito un poco, e mi sarei affrettata a dire:

— Il maestro di piano della mia bambina... per giustificare una relazione punto aristocratica e punto elegante.

Eppure non sono una sciocca. Che cos'ha il mondo per imbecillirci così?

Non so del resto, caro maestro, se mi giovi la metamorfosi che le sue nobili idee hanno operato nel mio cuore. Mi troverò male nella società di pigmei in cui dovrò vivere, ed essi, che non mi comprenderanno più, mi crederanno impazzita.

Vi sono dei momenti in cui temo di crederlo anch'io. Mi sento invasa da una mestizia profonda, e provo un grande bisogno di piangere. Non è il pianto sconsolato che si versa per le care cose perdute, nè il pianto assiderante dello scetticismo, che non ha nulla da credere nè da amare. È il pianto affannoso d'una grande aspirazione che non si può raggiungere.

Ho il cuore commosso da un immenso affetto per tutta l'umanità, voglio bene a tutti i miei simili teneramente, e soffro di non poterlo dire, di non poterlo esternare coi fatti.

Mi pare che gli uomini dovrebbero darsi tutti del tu. Vorrei fermare per la strada le mogli dei pescatori ed abbracciarle, e chiamarle amiche.

Alle volte faccio un lungo castello in aria retrospettivo.