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Giovane profeta, chi le aveva data l’antiveggenza di quello che avverrebbe di me in questa villa deserta? Ci ero venuta ogni anno, e questo prodigio non si era operato mai. Ma il profeta ha parlato, e tutto è mutato in me ed intorno a me.
Penso con uggia a Milano, alla catena delle visite oziose, alle ciarle idiote di pettegolezzi e di tolette, agl’interessucci personali. Vi sono delle frasi del linguaggio sociale, che, quando le ripeto qui, mi fanno ridere:
— Un successo di bellezza; — delle belle relazioni; — una signora alla moda; — brillare in società....
Se sapesse come tutto questo mi sembra meschino!
Mi ricordo di essere andata da una mia amica tre volte di seguito ad una data ora, per incontrarci una dama dell’aristocrazia di cui ambivo la conoscenza. E quando mi riuscì d’averla un martedì nel mio salotto, mi pareva d’essere diventata qualche cosa di grande per quell’acquisto, avrei voluto che tutte le mie conoscenti venissero quel giorno per vederla.
Era una donnina molto vana, molto sciocca, per cui il mondo è una immensa cuccagna, ed il grande affare della vita di arrivarci in cima, e di impadronirsi della bandiera dell’eleganza che c’è inalberata.
Lei aveva fatta quella salita irta e faticosa, adoperandoci tutte le sue piccole facoltà fisiche e morali, ed ora impiegava tutte le forze che le rimanevano e tutta l’astuzia, per serbare ad ogni costo la conquista preziosa. Non badava a veglie, a fatiche, accettava con coraggio tutte le torture della moda, s’impegnava eroicamente ne’ più gravi sacrifizî di denaro, e, forte come le madri spartane, avrebbe