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ficato. Lo lasciai dov’era. Sarebbe stata una vanità ridicola il metterlo fra la musica scelta.
Ma mi costò un sacrificio il rinunciare a sentirglielo suonare lassù, ed a pensare che lo suonerebbe quand’è sola. Pazienza, lo lasciai nella scansia accanto al piano.
Rimasi lungamente a guardarmi intorno ripensando il bel sonetto del Petrarca: Qui tutta umile, e qui la vidi altera....
E tuttavia, com’è sempre diversa la realtà dal romanzo! Hai mai letto in nessun romanzo che una bella donna faccia mettere in ordine la sua casa prima di lasciarla? Che! L’ordine è prosaico. L’arte lo respinge con disprezzo; i pittori dipingeranno sempre le donne che dormono nude, o press’a poco, mentre nelle abitudini della vita ogni donna ammodo si corica colla camicia da notte accollata e colle maniche lunghe. Così nei romanzi entrando nel salotto d’una signora, per quanto ella sia assente e debba restare assente a lungo, si trova sempre il pianoforte aperto ed una musica sul leggio, un libro abbandonato sovra un mobile, dei fiori appassiti, un ricamo avviato che deve sfidare la polvere e le tignole, magari una lettera incominciata; un’infinità di cose che rivelano i gusti, i pensieri, le abitudini della signora assente. È uno spediente comodo pei romanzieri.
Ma io non ero in una casa da romanzo, ed i mobili erano avvolti nelle fodere bianche, la loro camicia da notte; il pianoforte era chiuso e coperto; la musica ordinata sulla scansia, e tutti gli albums, i libri, le statuine, i minuti ornamenti, erano stati riposti. Le tavole erano nude, i vasi di fiori vuoti, ben lavati ed asciutti, perchè non mandassero cattivo odore.