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Nella fredda uniformità della vita claustrale sentì forse potentemente la nostalgia del mondo.
La destinarono all'insegnamento, ed ebbe nella sua classe la sorellina più giovane, l'ultima vittima che l'avarizia del signor Armenti preparava per il convento. E per facilitarle la rassegnazione alla sorte che aspettava, le diede una coltura limitata, non le sviluppò la fantasia, cercò di reprimere lo slancio del suo carattere appassionato; ma fu un sistema sbagliato. La ragazza si trovò contrariata, ed invece di amare il convento, desiderò il mondo, dove le parve che sarebbe più libera. Se la sorella avesse cercato di rivolgere le sue facoltà affettive alla religione, ed esaltarla nel misticismo, sarebbe riuscita meglio a conciliarla col suo avvenire. Ma la povera monaca non aveva lei stessa nessun fervore religioso, e le sarebbe stato impossibile d'inspirarlo ad un'altra.
La Mercede aveva una testa positiva; amava ragionare sulle cose, discutere. Credente in principio, come tutte le ragazze allevate in convento, non si infervorava alle cerimonie ecclesiastiche, riceveva i sacramenti con rispetto, ma senza commoversi, non aveva quell'ardore di fede che fa della religione una passione, che esalta, rapisce in estasi, dà tutti gli intenerimenti dell'amore, e fa desiderare il raccoglimento della clausura, per assorbirsi in quelle dolcezze mistiche.
Le sue passioni erano più terrene e vere. Compiangeva le sorelle, e fin dalle prime insinuazioni che le erano state fatte di prendere il velo si era sempre opposta con fermezza.
Le monache non avevano voluto violentarla, ed