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astrazioni, e se ne appaga. L'artista invece ha bisogno di concretarle in una forma, di fissare il pensiero in un'immagine.
Quando penso all'ideale della virtù, mi figuro una donna bella, di quella bellezza dolce e benevola che spira la pace intorno a sè. Mi figuro il suo contegno calmo, il suo portamento sicuro, lo sguardo amoroso, la voce soave, e la parola buona. Mi figuro la sua mano protesa senza repulsione dovunque c'è un dolore da consolare, ed il suo sorriso che incoraggia gli umili ed ammaestra i superbi.
Sono la sua forza, l'attività, la rassegnazione, il coraggio, la bontà che costituiscono la sua bellezza. Oh mia signora! La natura le ha dato le linee ed i colori della beltà. Ma nel suo interno c'è un demonietto superbo, schernitore, vano, l'anima perduta d'uno scettico, che offusca la dolcezza del suo sguardo con un lampo maligno, che le contrae il sorriso all'espressione dell'ironia, che mette nella sua voce il suono metallico dell'indifferenza e dell'egoismo, che attira i suoi affetti sulle vanità e le agiatezze della vita.
Ma se le riescisse di scacciarlo, di respingerlo da sè, di accogliere invece nel suo cuore la virtù che anima ed irradia la bellezza, lei sarebbe il miglior apostolo della mia fede. Basterebbe che si mostrasse per ispirare il desiderio di amarla e di imitarla, ed io vedrei incarnato in lei l'ideale della virtù che ho sognato.
Io non valgo il mio amico, signora. Egli è fatto della creta eletta di cui si fanno gli eroi. Ma, in mancanza di meglio vuole che io faccia per lei quello ch'egli fa per me? Vuole ch'io le dica la verità che