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Però ogni giorno ne! pomeriggio mi metto come prima a ricamare o a leggere sul balcone del salotto accanto al gabinetto del bagno, e per conseguenza contro la finestra del suo abbaino. (Il mio moralista abita in un abbaino). Il primo impulso dopo quel biglietto umiliante, era stato di nascondermi, di non lasciarmi più vedere. Ma avrebbe creduto ch’io mi sentissi mortificata, e sarebbe state quanto giustificare le sue supposizioni. M’è sembrato più decoroso sedere sul mio balcone, come ho fatto sempre, senza curarmi affatto di lui.
È un artista di musica. Ma non uno dei soliti strimpellatori, nè uno di quegli esecutori furibondi ed invincibili, che sono lo spauracchio di chiunque possiede un pianoforte, e la delizia dei negozianti di medesimi.
Suona come Bulow, come Ketten; no, meglio ancora. Suona come Verdi compone. Il pianoforte parla sotto le sue difa; ogni nota ha un’espressione evidente. Quando suona una romanza, non ho bisogno di saperne le parole; la musica stessa le dice; non è possibile ingannarsi sui sentimenti, sulle situazioni che esprime. Non si perderebbe a scrivere quei trilli, quei gorgheggi, quell’insulsa ginnastica della voce che i maestri d’una volta cacciavano dappertutto e che non significa assolutamente nulla. È eminentemente drammatico.
Giorni sono sonava un valzer inebriante. Mi faceva la stessa impressione che ho provata leggendo l’Atala di Chateaubriand. Non credo che si sia scritto mai nulla di più profondamente appassionato; è una lettura che esalta, che dà la febbre. Si vorrebbe non avere più nè marito, nè figli, nè casa, nè tetto,