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malata, condannata ad una vita di stenti, senza un affetto che la conforti.

Ma lei ha trovata umoristica persino l'esposizione dei rachitici.

Oh mia signora! aspira alla virtù, e le grandi miserie dell'umanità non le strappano un compianto. E non sa fare il sacrificio d'un motto felice, d'un discorso brillante alla carità del prossimo.

Io non sono un metafisico; sono un artista, e la definizione vera della virtù non saprei dargliela. Per me è il fine a cui deve tendere l'umanità.

Anch'io son ben lontano dall'averla raggiunta; ma ci aspiro con tutta l'anima, e mi ci adopero con tutte le forze. Qualche volta le mie passioni si ribellano. Allora un amico nobile e giusto mi dice:

— "Guarda che hai deviato dal cammino." Ed io ci ritorno.

Quando venni per la prima volta in casa sua, e lei mi accolse con tanto disprezzo, ebbi un impeto di risentimento, che mi strappò parole d'odio contro di lei; e la rabbia mi gonfiò il cuore, al pensiero che non potevo vendicarmi di quell'offesa.

Ma il mio amico colla sua serena imparzialità mi disse:

— Il tuo risentimento è orgoglio. Il desiderio di riparare l'offesa è un sentimento di vendetta. Perchè ti occupi tanto di te stesso, de' tuoi sdegni, delle tue umiliazioni? Guarda quanti mali più grandi e più veri sono nel mondo. Non pensi a confrontarli ed a misurare quanto sono minime le tue sofferenze al paragone? Se non lo fai, sei un egoista.

Quelle erano parole d'un uomo virtuoso, e ne sentii nel cuore la giustizia profonda. E dimenticai