Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/61

di rabbuffi della Gigia, che mi spalancò le imposte sul viso a rischio di accecarmi, mi rovesciò il caffè sulle lenzuola, mi strinse il busto come uno stromento di tortura, e mi pettinò collo chignon messo a sghembo.

Appena vidi le mie protette, capii che la natura faceva una grande concorrenza al Patronato per proteggere l'onestà di quelle orfane. Le aveva messe al sicuro sotto l'usbergo di sentirsi... brutte.

Una era una stentatella un po' nana, un po' zoppa con un visino scialbo da anemica. Veniva a reclamare per un secchio: "Era assolutamente troppo grande per le sue forze; io che sono una signora caritatevole, vedevo pure se lei era capace di portare un secchio come quello là". Ne parlava come se io lo conoscessi perfettamente. E non bastava empirlo una volta. Ce ne volevano due o tre ogni mattina prima che fossero lavati tutti...

Mi fece una litania che durò mezz'ora, poi se ne andò dettandomi il suo ordine del giorno in questi termini: intimare a' suoi padroni di comperare un secchio adatto alle sue forze - dovrebbe essere un ditale - e di lavarsi con moderazione.

L'altra era una creatura allampanata, lunga come una guglia, bruna e magra ed ossuta, come quelle vecchie galline che hanno covato le uova di dieci generazioni.

Se c'era un Fausto che insidiava quella Margherita, doveva essere ai tempi della sua decrepitezza, prima che Mefistofele lo ringiovanisse.

E c'era infatti. Ma la colomba insidiata domandava d'essere protetta contro la padrona a beneficio dell'insidiatore. La padrona non voleva che lei parlasse