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olare la vita a mio modo; faccio quello che mi piace senza vincoli e senza controllo. E mi pare di sentirmi abbandonata a me stessa, di non avere più chi si curi di me. E per questo, quando vedo un amico esaminare quello che faccio e quello che dico, mi sento tutelata, e mi consolo, anche s'egli, come lei, non lo fa che per biasimarmi.

Anzi, il biasimo mi fa più piacere delle lodi, perchè ci credo di più. Alle lodi sono avvezza, so che me le fanno ad ogni costo, anche senza darsi la briga di esaminare se le merito.

Soltanto, trovo che dopo il biasimo d'un amico sincero, è mio dovere fare quel che posso per ottenere la sua approvazione; altrimenti vedrebbe che le sue critiche non hanno risultato, e smetterebbe di farle. Ma ottenere la sua approvazione è difficile assai, signor Catone.

Qualche volta penso se le donne che lei ha conosciute erano tante Lucrezie che l'hanno abituata alla virtù, o tante Messaline che gliene hanno fatto sentire il bisogno per l'effetto dei contrari.

Alle volte lei mi fa dei discorsi così poetici, così cavallereschi, che mi comunica veramente l'entusiasmo della virtù. Un giorno m'era venuto in mente di portare tutti i miei gioielli alla Congregazione di carità. Ma Malvezzi non è entrato nello spirito della cosa. M'ha detto che non ho diritto di alienare la proprietà di mia figlia. È strano che la piccola Marichita debba farmi la legge, ed essere proprietaria dei miei diamanti, che io non le permetterei nemmanco di toccare con un ditino. È insopportabile la tirannia di questa bambina.

Un'altra volta mi ricordai d'aver conosciute a Torino