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ma.

Appunto allora mi capitò l'invito del signor Malvezzi per quella infelice serata. Per accettarlo mi occorsero alcune spese di toletta, un gibus, cravatta bianca, che so io. Non esitai a farle, pensando che, trattandosi della mia opera, seminavo per raccogliere.

Così mi ridussi al verde, e pochi giorni dopo mi toccò la prima umiliazione di domandare la mesata anticipata ad uno de' miei allievi, il giovinetto ricco. Quanto all'altro, paga sempre in ritardo; non potevo contarci. Mi trovavo avvilito; tutte le mie paure si ridestavano. Non osavo più andare al caffè per non pagare una tazza di birra. Passavo la sera camminando solo su e giù dalle contrade, per non fare la spesa di accendere il lume in casa.

Ero triste, scoraggiato, e per questo non ti scrivevo. Non volevo affliggerti colle mie geremiadi. Le privazioni delle ore difficili non si possono narrare che quando sono passate. Finchè durano, il dirle equivale a domandar soccorso. Se, fra amici come noi, non è un'umiliazione, è sempre un atto di debolezza.

Un grand'uomo che dice: "Vi fu un giorno in cui ho provato lo strazio della fame", appare più grande pel confronto di quella miseria. Foscolo, che lasciò varie lettere scritte e non spedite perchè gli mancavano i pochi soldi della tassa postale, fa piangere, e si vorrebbe mettere in ginocchio dinanzi a lui. Ma se fosse vivo, ed andasse lagrimando all'orecchio degli amici i piagnistei della sua miseria, sarebbe ignobile come un mendicante.

Ora io sono nel caso di poterti dire i miei guai perchè sono passati. Mi è giunto un aiuto insperato. La signora Malvezzi mi scrisse, invitandomi a dare lezioni di pianoforte alla sua bambina.