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rapporti da vicini di casa. Un po’ strani, se si vuole, ma affatto casuali....
Quando entrai nel salotto però mi batteva il cuore, ed un pensiero affannoso mi martellava il cervello:
— Come mi accoglierà?
Vidi un circolo di signore, e m’inchinai profondamente per avere un pretesto di abbassare il capo. Mi sentivo arrossire.
— Il maestro Cato, di cui t’ho parlato più volte, disse il signor Malvezzi, presentandomi alla sua signora. Poi, volgendosi a me, soggiunse: - La mia signora.
Alzai gli occhi dopo aver ripetuto l’inchino; ed ero pronto a stringere la mano che avrebbe dovuto essermi stesa, ed a mettere un’iliade di scuse, di preghiere, di genuflessioni in quella stretta di mano.
Ma la signora Malvezzi non mi stese la sua. Mi fece appena un piccolo saluto, e mi lanciò uno sguardo che era una pugnalata.
C’era tanta fredda alterigia, tanta intenzione di mortificarmi in quell’accoglienza, che mi sentii rimescolare il sangue.
Le donne, a forza di dissimulare i loro sentimenti in omaggio alle convenienze sociali, di cui sono schiave, imparano a dare ad un’occhiata l’espressione energica e schiacciante d’un colpo di frusta, mentre vi salutano, in apparenza, con cortesia.
Quel saluto diceva apertamente che era un’impudenza da parte mia il presentarmi in casa sua dopo quanto avevo fatto.
Che cosa pretendevo ancora? Che cosa speravo? Non sapevo capire che certi sfregi una donna non li perdona? Ah! avevo voluto spingere l’occhio pro-