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le nostre indiscrezioni anche in faccia a noi stessi. Ma io non voglio giustificare la mia in faccia a te.

Dalla prima frase capii che era una lettera dimenticata in quel libro. La lessi con curiosità, come tutte le note che trovo in margine ai volumi; e non sono poche. Dacchè sono là aperte, e non si sa di chi siano, si possono leggere.

Più innanzi vidi che la lettera parlava di me, e capii chi scriveva. Allora proseguii con un interesse vivissimo, senza che mi arrestasse neppure un minuto, l’idea dell’indiscrezione che commettevo. Ci pensai soltanto a lettura finita; troppo tardi.

Tutto quello che ho potuto fare per rimediare al male commesso (e non giurerei che l’ho fatto unicamente per questo, e non piuttosto per quell’istinto di vanità da cui nessun artista va esente), fu di avvertire in modo indiretto la signora che avevo letta la sua lettera.

La ravvolsi, col volume dello Zola, nella musica del mio ultimo valzer che aveva fatto grande impressione sulla mia vicina, ed andai a deporre io stesso quel piego dal portinaio della sua casa, raccomandandogli di portarlo su al primo piano alla signora Eva.

Però, se ci fu un sentimento di cui debbo accusarmi nel movente di tutto questo, è, come dissi, la vanità di far apprezzare meglio il mio valzer ad una persona che mi si è rivelata amante della musica ed intelligente. Ma del resto non ci ho posti secondi fini. Il risentimento che esprime nella sua lettera per il mio avviso circa il bagno, le sue interpretazioni ingiuste, il disprezzo che getta su di me, il suo scherno me l’hanno resa antipatica; e questa volta puoi essere ben sicuro che non ci penso più.

Augusto.