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dietro le vetrate del balcone in salotto, guardando la vostra finestra. Osserva con ansietà le soprascritte delle lettere che ricevo; si affanna se la cameriera rimane un po' a lungo nella mia stanza, e già parecchie volte mi disse, che non comprende che cosa io possa avere da dire o da farmi dire dalla Gigia. Ha sfogliata tutta la mia musica e ne ha tolto il vostro valzer.

Ma quello che lo tormenta più di tutto è ch'io esca sola. Me ne astengo per non affliggerlo. Ma una mattina, che dovetti uscire colla Marichita, lo trovai al mio ritorno in uno stato di ansietà febbrile. Volle sapere dov'ero stata, chi avevo incontrato, chi m'aveva salutata in istrada, e se avevo parlato con qualcheduno. E domandava tutto alla bimba, come se sentisse di non poter credere a me.

Pur troppo il mondo è pettegolo; il nostro amore non è rimasto un segreto per nessuno, Augusto; e tutti i nostri conoscenti hanno avuta la discrezione, indiscreta di non fare il menomo cenno alla vostra scomparsa dalla nostra casa, dove erano avvezzi a vedervi continuamente. Vedono vuoto il posto del piano, e nessuno domanda perchè, e nessuna mi prega più di sonare, e nessuno m'interroga sulla nuova opera che inspira tanta curiosità, e che tutti sanno ch'io conosco. Questo riserbo, troppo significante, mortifica me, ed inquieta Massimo. C'è un sottinteso di condoglianza o di pietà, come nella famiglia in cui è morto qualcuno, dove tutti evitano di nominare la catastrofe che l'ha afflitta, per non rinnovarne il dolore; ma quel silenzio stesso la rammenta, ed avverte chi soffre, che gli altri sanno e comprendono la sua sventura.