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che aveva un rammarico, ed io lo comprendevo. Aveva trovato la pace, ma le mancava l'amore. Ed a diciotto anni, la mancanza dell'amore è dolorosa.

Era lo stesso rammarico che sentivo anch'io. Avrei voluto essere amato ed amarla. Avrei desiderato le effusioni, le ebbrezze insensate dei giovani innamorati. Ed il nostro bacio tranquillo, i nostri rapporti cordiali ma freddi, mi mettevano tristezza, mi facevano sentire un vuoto nel cuore.

Giorni sono avevamo preso una barca per andare alla villa di San Lorenzano. Eravamo tristi, come sempre. Io, per abitudine, non parlavo mai alla Mercede della sua malinconia. Non osavo toccare quel tasto delicato. Ma quel giorno, mentre eravamo soli in barca, in mezzo a quell'immensa vastità di mare, che pareva ravvicinarci maggiormente nel piccolo spazio che occupavamo, ebbi un impeto di commozione. Mi sentii veramente addolorato di vederla così, ed avrei dato la mia vita per renderla felice.

— Che cos'hai Mercede? le dissi. C'è ancora un dolore nella tua anima. Un dolore meno cruccioso delle ignobili sofferenze che hai provate prima, un dolore più alto, più poetico, ma sempre un dolore.

Non capisco che smania m'avesse còlto; ma in quel momento desideravo di sentirla confessare che soffriva, come me, la mancanza dell'amore nella nostra vita. Essa però non lo disse; era troppo timida: e poi, nella sua delicata riconoscenza, avrebbe temuto di offendermi confessando che non mi amava e rimproverandomi di non amarla. Mi rispose facendosi violenza per mostrarsi lieta:

— Ma che! non sono mesta. Penso al mio piccolo