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— Un salotto per me? Io non ne avrò mai bisogno.

— Ma sì; riceverai le tue visite.

— Faranno delle visite a me? - esclamò meravigliata, come se le sembrasse una cosa stravagante ed impossibile.

— Senza dubbio, Mercede. I miei amici saranno anche amici tuoi. Tu mi rappresenti ora; porti il mio nome; sei la mia famiglia, e toccherà a te fare gli onori della mia casa.

Stava ad ascoltarmi in una specie di raccoglimento beato; e si commosse al punto che non potè rispondermi. Mi prese la mano e la strinse in silenzio con tale intensità di riconoscenza, che mi comunicò la sua commozione. Sentii una soddisfazione profonda, al pensare che quei sentimenti di dolcezza, tutti nuovi per quell'anima oppressa, ero io che glieli facevo provare.

Più tardi venne il marchese di San Lorenzano coi bambini, che le portarono dei fiori e dei doni. Malgrado la timidezza de' suoi diciott'anni, e la nessuna abitudine di società, seppe superare con garbo l'imbarazzo di quel primo ricevimento. Pareva una collegiale; ma una collegiale di buon gusto ed intelligente, che sapeva dissimulare la propria soggezione, e si proponeva di vincerla.

Dopo i primi complimenti si tirò accanto i bambini, e nel cercare di farli parlare, nel fare violenza ad una timidezza più rigida della sua, si animò, prese un tuono di voce così insinuante e dolce, fu tanto ingegnosa nel trovare i discorsi che potevano strappare qualche risposta a quelle animuccie gelide, che mi rivelò un tesoro di tenerezze materne nascosto nel suo cuore.