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con un'abbigliatura, che metteva in rilievo la sua figura e la ornava. Avevo scelto io stesso il suo abito nuziale, tutto bianco, come lo portano le spose della sua età. Invece di quelle preziose stoffe di seta, dure, che fanno delle pieghe verticali stecchite, e danno tutte le donne la figura conica delle vecchie madonne di legno, avevo scelto un fine tessuto di lana di Casimira, morbido, che si drappeggiava dolcemente in linee curve e flessuose.

Io la guardavo, meravigliato e giulivo di quella trasformazione. Vestita così, la Mercede era una bella fanciulla; non di quelle bellezze appariscenti che colpiscono alla prima, e fanno scomparire le altre donne al loro confronto; ma una bellezza delicata e gentile, che non risulta dalle linee perfette, ma da un insieme armonioso, su cui l'occhio si riposa con compiacenza. In un'adunanza sarebbe passata inavvertita, ma a chi, per avventura, l'avesse osservata, sarebbe indubbiamente piaciuta.

Ricordai la tua lettera, (sono due mesi che l'hai scritta; perdonami di non averti risposto), in cui mi paragonavi ad una vittima condotta al supplizio, perchè sposavo quella donna che non avrei mai potuto amare. Tu ti figuravi che fosse un mostricciattolo, questa mia povera compagna. Non potei a meno di ridere a quel pensiero.

Ebbe qualche difficoltà, dopo tanti dolori sofferti, ad avvezzarsi a quelle che il Metastasio chiama "le sorprese del piacer".

Quando la condussi per la prima volta nella nostra casetta, e le mostrai il salotto, con pochi mobili modesti ma fatti con garbo, e le dissi: "questo è il tuo salotto", rimase stupita, e mi rispose: