Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 16 — |
d’altra parte non potevo sperare che quel giovane triviale comprendesse il mio scrupolo.
Dopo averci pensato a lungo, mentre ripetevo il mio ultimo valzer sul pianoforte, mi venne l’idea di scrivere alla signora per avvertirla che poteva essere veduta nel suo gabinetto da bagno.
Non sapevo il suo nome. Scrissi una riga in fretta, l’avvolsi intorno ad un sassolino, e mi affacciai alla finestra per gettarlo al suo indirizzo.
In quella la mia bella vicina, che aveva tirato fuori un braccio dall’accappatoio, forse per levarselo, inspirata da quello squisito pudore femminile che teme l’aria aperta, che si nasconde anche dalle cose inanimate, si sporgeva per chiudere le gelosie, ed io vidi tutto il braccio, la spalla e la rotondità nascente del petto.
Gettai il mio biglietto senza quasi saper dove; ma mi parve d’aver gettata anche la mia ragione dietro quella riga di scritto.
Tutta la sera e la notte fui agitato dalla visione di quella spalla tondeggiante. Mi pareva sempre di stare alla finestra e di sentirmi attirare da quella nudità bianca, giù giù nel vuoto, in un precipizio.
La vita solitaria a cui mi sono ridotto favorisce le mie fantasticaggini.
Sai come mi sembri umiliante, basso, servile quell’omaggio che la maggioranza degli uomini tributa alla bellezza materiale della donna. Mi pare che la bellezza fisica si debba apprezzare unicamente come la veste, come la rivelazione della bellezza morale. Eppure non sapevo nulla del morale di quella donna, ed ero in delirio per quel segreto di bellezza che avevo intraveduto.