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agiata alla donna che potrei amare. E desideravo d'amare. Mi compiacevo figurarmi una giovinetta bella, gentile, elegante, di quelle che si paragonano ai fiori ed agli angeli, perchè la loro breve esistenza è trascorsa in una specie di spensieratezza serena, che è il privilegio della gioventù felice. Nessuna cura molesta ha offuscata la loro pace, nessuna necessità triviale le ha obbligate a rinnegare le poetiche idealità della loro inesperienza.

È un tipo un po' convenzionale, l'ingenua delle commedie; ma è quello che piace sempre di più, non foss'altro per l'illusione che ci facciamo di poter modellare quell'anima nuova, a seconda delle nostre idee.

M'immaginavo il poema intimo dei primi sguardi, del primo incontro, delle prime parole scambiate ad un ballo o ad un teatro; mi tremava il cuore, mi sussultavano tutti i nervi all'idea della prima stretta di mano che mi farebbe sentire d'essere amato. E mi pareva di susurrare una preghiera appassionata, di stringere col mio braccio una vita flessibile, di sfiorare colle labbra innamorate una guancia arrossita dalle prime emozioni dell'amore; ed una dolcezza calma mi gonfiava il cuore; e, pensando ai miei venticinque anni ed alla nuova vita meno solitaria che m'aspettava, dicevo fra me:

— Dove, quando la vedrò? - ed ero certo di vederla presto, ed ero felice di quella certezza, ed aspettavo senza impazienza.

Dopo una rapida corsa ero tornato indietro, e ripassavo dinanzi alla casa Armenti per avviarmi alla villa.

Ad un tratto udii una voce rabbiosa e concitata,