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Ora invece aveva un'immobilità inerte: e dai suoi occhi gonfi, vidi che aveva pianto.

— Eva, hai pianto perchè t'ho lasciata sola? - le domandai commosso.

— No - mi rispose senza scuotersi.

— Allora, che cos'hai? perchè ti affliggi?

— Non so; non mi affliggo. È qualche cosa di melanconico che sento in me e che ha bisogno di sfogarsi col pianto. No, lasciami, non abbracciarmi.

— Non sei contenta? - le domandai mortificato di vedermi respinto.

— Sì, sono contenta. Ma è una contentezza mesta. Non lo sai che si piange di gioia come di dolore?

— Sì, ma tu non piangi di gioia - insistetti ancora. - Dimmi, cos'hai Mi respinse un'altra volta, e mi disse quasi infastidita:

— Nulla, lasciami.

Mi allontanai e mi posi a leggere la tua lettera pensando:

— Se Leo mi perdona, tutto passerà; e nella mia gioia troverò l'inspirazione per consolare anche lei. Invece lessi la tua condanna severa: Mi pentii di non averti lasciato morire; e la notizia desolante della malattia della bambina.

Ne fui atterrito. Mi parve qualche cosa di soprannaturale e pauroso come quelle punizioni immediate che si leggono nella Bibbia. In quel momento sentii che si elevava una barriera insuperabile fra me e la mia Eva. Forse l'impressione di dolore e di sgomento che provai si riflettè sul mio volto; o forse emisi un grido come gli attori da commedia; perchè