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— Che! tutt'altro. Vi siete occupato di ritirar la valigia, di portarla, ed anche di offrirmi il braccio, mi pare; che cosa posso pretendere di più? - Ed un singhiozzo le strozzò la voce in gola, e si mise a piangere.

Allora tutto il delirio di passione che mi aveva invaso accanto a lei quand'eravamo in campagna e non potevo parlarle, mi si ridestò più impetuoso nel cervello. Mi gittai in ginocchio, e le dissi tutte le angoscie di quella notte, le paure di non vederla arrivare, la timidezza che m'aveva colto al riconoscerla, le mie esitazioni puerili, il rimorso che mi pungeva per il sacrificio che le avevo imposto.

Anch'io ero profondamente commosso. Sentivo salirmi il pianto agli occhi; chinai il capo sulle sue ginocchia, e piansi con lei. E lei, intenerita dal mio dolore, mi posò pian piano una mano sui capelli. A quella dolce carezza la mia timidezza svanì, la strinsi nelle mie braccia, me la serrai con passione al cuore, e confondemmo le nostre lagrime in un bacio d'immenso amore. E provammo un momento di quella dolcezza infinita dei cuori giovani ed innamorati, in cui ci parve di essere soli al mondo, e che nulla potesse più turbare la nostra felicità, dacchè ci eravamo riuniti, e ci amavamo.

Ci raccontammo la storia delle nostre anime; dagli slanci impetuosi di passione che ci avevano trascinati, fino alle puerilità di un momento di dubbio per un saluto mancato. Fu un seguito di confidenze che ci strinsero maggiormente l'uno all'altra, e ci rasserenarono colla certezza d'essere amati.

Era sorto un pallido sole d'autunno. Salimmo sul ponte, e là, seduti uno accanto all'altra, colla mano