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Del resto però ammetterai che la mia promessa di scriverti tutto è di una latitudine spaventosa. Tutto è immenso, non ha confini quando si tratta di impressioni e di sentimento.
In quel tutto, bisogna fare una scelta per ridurlo ai limiti del possibile. Ed appunto, volendo fare questa scelta nell’ultima lettera, mi parve che la prima cosa da dover eliminare fosse quella donna ch’era la causa delle mie agitazioni. Non sapevo chi fosse; non le avevo mai parlato; non c’era nessun rapporto fra noi. Avresti riso e m’avresti trovato puerile se t’avessi intrattenuto di quell’ombra, per l’unico fatto che aveva eccitati i miei nervi, e m’aveva dato un momento di vertigine. Supponi che per un’eccitazione convulsa mi fossi impaurito un momento di veder crollare la guglia del duomo, e rovesciarmi sul capo la statua della Madonna, sarebbe stato ragionevole riferirti quelle apprensioni come una cosa seria? Era lo stesso caso.
Però infatti, ora che lo sai, non ti nego che era appunto quell’ombra di donna che dettava la mia lettera. Non ne ero innamorato, ma temevo di diventarlo, ed esageravo i rigori del nostro patto per farmene un freno.
Per fortuna fu un falso allarme; ed ora che ci penso a mente tranquilla, non comprendo come mi agitassi tanto.
Ecco cos’è stato. La mia camera ha una finestra che dà sul cortile, ed è quasi interamente nascosta da una glicina, che si arrampica sul muro, e lo copre tutto.
La settimana scorsa, una mattina, avevo appena terminata la lezione del mio giovane di negozio, il