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tua forza, la mia inesperienza del tuo consiglio. E la tua voce mi risuonava ancora all'orecchio quando ripensavo le tue massime, ed era la parte più convincente di quelle verità.

— Sentii d'amarti, e che tutte le mie aspirazioni erano rivolte a te. M'accorsi che non uscivi più dal mio pensiero, che quando eri lontano m'invadeva una grande tristezza ed una noia irosa della mia posizione. Mi sentii tua, e l'espansione e l'intimità di mio marito, mi parvero un'offesa fatta a te.

— Volli rimanere in campagna per fuggirti. Ma Massimo ti fece venire lassù, e ci riunì, nell'isolamento e nella comunanza delle idee e dei propositi che avevo imparati da te. Credevo di nasconderti il mio amore, ma vedevo il tuo che mi turbava.

— Alle volte, quando mi sentivo profondamente infelice e colpevole, ed il rimorso mi gonfiava il cuore, pensavo di dirti tutto, di domandarti aiuto e consiglio contro me stessa, contro noi, contro la passione che mi dominava.

— Ma appena t'avevo rivolta la parola, vedevo il tuo occhio addolorato che mi guardava coll'avidità ardente d'un lungo desiderio, sentivo la tua mano tremare nella mia, ti vedevo eccitato e commosso, e capivo che, una volta rotto il silenzio che ci teneva forzatamente divisi, la confessione stessa ci avrebbe gettati nelle braccia l'uno dell'altra.

— Quella mattina che ti trovai addormentato in giardino, pallido, abbattuto, prima di mandare la Marichita a svegliarti, avevo pianto ripensando le tue angoscie di quella notte. E quando tu l'hai abbracciata tremando e mormorando il mio nome, o Augusto, ho invidiato quel bacio, sono stata gelosa di