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'amore, dalla felicità, colla certezza che andavano incontro alla morte.

Senza volerlo, a forza di pensarci, avevo associata quella donna a tutta la mia vita; alle mie aspirazioni, al mio lavoro, ai miei propositi di virtù, alle mie speranze di gloria; e tutto quanto facevo e desideravo lo riportavo a lei, e lo facevo e lo desideravo unicamente per quello che lei ne avrebbe detto e pensato. L'amore di lei s'era sostituito in me all'amore dell'arte. Non era più per l'arte che scrivevo il Re Lear, ma per essere apprezzato da lei. Solo per innalzarmi ai suoi occhi desideravo che la mia opera fosse applaudita. E quando avevo detto con tutta la mia forza: "Debbo fuggire", era stato come se avessi detto: "Debbo morire".

Avevo la convinzione, fin dal primo momento, che non avrei potuto sopravvivere a quel distacco. Ma appunto quella convinzione mi dava coraggio. Se avessi creduto di dover trascinare lunghi anni di vita in una continua tristezza, ripensando sempre quell'eterno dolore, rimpiangendo il sacrificio fatto, discutendolo, rinnovandolo ogni giorno con un ritorno dell'immaginazione al passato, non avrei avuto l'eroismo di compierlo.

Il primo giorno del mio ritorno l'avevo impiegato a scrivere all'Eva.

Tratto tratto avevo dovuto sospendere la lettera, perchè mi pareva che il cervello mi svaporasse. Le cose ed i tempi mi si confondevano nella mente, e mi sembrava di trovarmi in una profonda oscurità ed in un rumore così assordante, che mi fosse impossibile discernere quanto accadeva intorno a me. Quando quei vaneggiamenti momentanei erano passati,