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questa donna che ami è la mia donna, ed il tuo amore è un tradimento"!

Vedevo scritto in quella carta il motto del mio suggello, il giuramento che feci sul letto sanguinante del povero Marco: "Prius mori quam fœdari". E vedevo la nobile figura di Leo crucciata, e la sentivo chiamarmi spergiuro.

Poi pensavo a te, che ho amata tanto, fino ad imprimere al tuo spirito il carattere del mio; avrei voluto metterti al disopra di tutte le donne, e vedere il mondo adorarti, e ti trascinavo come un egoista, come un vile, al traviamento d'un'ora, che degrada per tutta la vita.

Questo pensiero mi fece paura. Anche l'immensa gioia di possederti non volli pagarla al prezzo di un tuo dolore.

Nell'allontanarmi da te, nel pensare che non ti vedrei più, che non sarei più nulla nella tua vita in cui avevo preso tanto posto, provavo quella infinita e gelida tristezza, che accompagna soltanto le partenze senza ritorno, e la morte.

Quando uscii dalla tua casa sentii qualche cosa di freddo scendere su me, ed avvolgermi tutto; sentii un esaurimento di tutta la mia vita in quello sforzo terribile; e pensai: È finita.

E mi parve che fosse veramente finita l'esistenza per me; che omai non mi restasse più la forza di sopportarla, e che, per una legge provvidenziale, dovesse venire un fulmine, una malattia mortale, una catastrofe qualsiasi a liberarmene.

Sono tornato stamane nella mia stanza, in faccia alla tua casa, tutta piena della memoria di te; ma non mi sento più vivere. Non ho trovato energia