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mi parve di vedere nel mio amico, nel mio maestro, qualche cosa di più che umano.

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(RIPRESA DELLA LETTERA)

Ora che conosci la mia storia, conosci pure l'amico di cui ti ho parlato, Eva. È a lui che ho confidato da quel giorno le mie debolezze, le mie prime paure quando, dopo averti veduta dalla mia finestra, ti scrissi quel primo biglietto.

Leo aveva indovinata la mia passione nascente, e fin d'allora mi aveva consigliato di fuggirti, di cambiar casa, di non vederti più.

Ma era già troppo tardi; una potenza irresistibile mi attirava a te; fin da quel primo giorno ti amavo, Eva. E, fiacco nella lotta contro la passione, ho ingannato me stesso, ho ingannato Leo, col paradosso dell'amicizia e dell'apostolato della virtù, ed ho ceduto al fascino dolcissimo della tua bellezza, della tua intelligenza, del tuo cuore; e ti ho seguita, seguita, finchè mi parve di vivere della tua stessa esistenza; finchè giunsi a crederti mia, a disconoscere la legge che ci separava, a concentrare tutte le mie facoltà nel desiderio di te; fino al delirio di ieri sera, fino alla commozione ineffabile del tuo sguardo d'amore e delle tue lagrime, fino alla gioia di cielo di quel bacio.

O Eva, mia donna, mio angelo! Che risveglio tremendo, che annientamento provai dinanzi a quella lettera di tuo marito, di quell'uomo onesto, che pareva dirmi in ogni parola: "Io ti chiamo amico, e