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Dissi tutto questo a Leo.

— Se c'è ragione umana che possa imporsi ad una volontà fiacca ed a passioni impetuose come le mie, è la tua - gli dissi. - Consigliami. Cosa posso fare per esser giusto come te? Dopo quanto ho veduto, l'ingiustizia, la disonestà mi fanno paura. Mio fratello ha vissuto nel lusso usurpando il denaro degli altri, ed ha ridotte delle famiglie alla miseria, come un ladro, ed è morto disonorato. Io pure ho delle passioni che mi dominano. O Leo, io non so a che errori, a che avvilimenti potrebbero trascinarmi. Consigliami tu. Non voglio essere colpevole; voglio espiare le colpe di mio fratello.

Fu allora che le labbra di quell'uomo giusto, posandosi sulla mia fronte con un bacio d'amicizia, mi susurrarono le parole che ho fatto incidere sul mio suggello, che sono divenute la mia divisa, la formola d'un giuramento solenne che abbiamo pronunciato tutti e due nella camera del povero Marco, dinanzi al suo letto ancora bagnato del suo sangue, coll'onta del suo disonore, col dolore della sua colpa nel cuore:

" Prius mori quam foedari! ". - Prima morire che macchiarsi.

Leo m'iniziò ad una religione austera che già da più anni governava la sua vita; una religione che impone dei doveri e non promette premi; una religione che non ha un elenco di precetti scritti, e non potrebbe averlo, perchè i suoi precetti sono infiniti, e per ogni atto della vita ce n'è una. Giurammo d'essere sempre scrupolosamente onesti, leali, puri e buoni, a costo di sacrificare i nostri interessi e la nostra felicità. Giurammo di estirpare l'egoismo dal nostro cuore, e di