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tua vita. Mi rendevi omicida, mi disonoravi, mi avvelenavi l'esistenza con un rimorso atroce.

Dopo una pausa triste, soggiunse colla sua voce dolcemente grave:

— Noi non ci batteremo, amico. Dopo quanto è accaduto, so che questo è contrario alle leggi convenzionali dell'onore. Le condizioni sono stabilite; i padrini verranno a prenderci fra poco. Il primo venuto ci direbbe che questo procedere è irregolare. Ma noi non siamo il primo venuto, e dobbiamo avere il coraggio delle nostre idee. Non ci batteremo. Io ho insultato la memoria di tuo fratello; ho avuto torto; e ti domando perdono.

Lo ascoltavo con devozione. Dinanzi a quella virtù calma e ragionata, come mi parevano nulli i commenti che potrebbe fare sopra di noi la gente leggera! Quel carattere forte mi faceva del bene, mi ritemprava. Non ero energico; vivendo in un altro ambiente, con altri esempi, sarei caduto anch'io nell'errore di tanti, che credono di innalzarsi al disopra della generalità affettando un grande disprezzo per la virtù, per la morale, per tutto quanto ha ottenuto fino a ieri l'ammirazione del mondo; credono di fare qualche cosa di buono perchè fanno una cosa nuova.

Ma, accanto a Leo, tutto codesto mi sembrava un ridicolo gioco da fanciulli ignoranti, e sentivo il bisogno di appoggiarmi a quell'uomo forte, di farmi guidare da lui, di dargli un'autorità che potesse imporsi a me. Avevo un carattere appassionato, una testa calda; capivo che non potrei rispondere di me, che alla prima attrazione potente mi sarei lasciato trascinare come mio fratello, che avrei potuto, essere egoista, sleale, colpevole come lui.