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giornali non m’interessano, e di politica non parlo mai. Non capisco neppure come vi siano uomini che possano appassionarsi di queste cose. Io penso sovente:

— Ma costoro non hanno interessi, non hanno affetti, non hanno nulla di personale che esaurisca tutte le loro facoltà, che li occupi il giorno, che li tenga desti la notte, che li inebbrii o li impauri, che li incateni come me nella stretta cerchia della vita individuale?

Eppure non credo di essere egoista; ed ho conosciuto uomini assai più egoisti di me fra questi politicanti, a cui le proprie faccende non offrono occupazioni sufficienti, nè sufficienti pensieri, e che hanno bisogno di discutere su quanto si fa in America o nella Nuova Zelanda.

Ce n’è uno col quale, contro le mie abitudini da orso, mi sono addomesticato un pochino. Abbiamo parlato di musica. Possiede quella specie di ingegno che noi altri artisti disprezziamo a torto; il buon senso. Ha una grande pratica del teatro: mi ha dato dei buoni consigli da uomo positivo.

È a lui che debbo una delle mie lezioni. Aveva indovinato che ne avevo bisogno. È un po’ inquisitivo; ha cercato con molto garbo di farmi parlare della mia posizione, del mio passato. Io mi sono raggomitolato come un’istrice.

Però non lo credo indiscreto. Forse ha un vero interessamento per me come per la cronaca del suo giornale. E poi è di natura espansivo. Racconta i fatti suoi con tutta facilità. M’ha detto che ha una bambina d’una serietà e d’una intelligenza fenomenali; che la sua signora è giovane, bellina, molto istrui-