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— Ecco, ora hai commesso un'imprudenza. Le confidenze non sono altro che imprudenze. Un uomo non deve mai affidare ad un altro uomo il segreto del suo cuore. Il giorno in cui gli gioverà tradirlo, quell'altro lo tradirà. Questa è l'amicizia.

Nell'anima del mio bel Fausto era penetrata addentro l'influenza di Mefistofele.

Del resto, le sue idee pessimiste, già paradossali in principio, erano completamente false applicate a Leo. Era un carattere nobile e leale. Profondamente buono, non aveva quella bontà sdolcinata che vuol bene a tutto il mondo ad un modo, senza distinzioni. Era benefico e magnanimo anche per i colpevoli, ma li biasimava. L'egoismo, l'avarizia, l'ipocrisia gli facevano orrore. Non prodigava il suo affetto a chi non lo meritava, e faceva la propaganda del bene.

E tuttavia non era un san Luigi, nè un chiericuzzo. Era un bel giovane, bene organizzato, con tutte le debolezze e tutte le forze della natura umana. Soltanto le forze in lui superavano le debolezze. Sapeva combattere le inclinazioni perverse che sentiva nell'anima, e domarle. Governava sè stesso colla legge inesorabile del dovere con cui avrebbe voluto governare il mondo.

Quando lasciammo Val Salice, avevo diciassette anni; Leo ne aveva diciannove. Si rimase ancora a Torino, io vivevo con Marco facendo la vita del ricco banchiere e studiando poco o punto l'avvocatura, a cui mio fratello voleva avviarmi. Avevo una grande passione per la musica, e mi occupavo esclusivamente di quell'arte cara.

Leo rodeva il freno d'un tutore avaro e gretto, che adorava il danaro, pretendeva che in affari il