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260 una piccola vendetta.

conoscersi altrimenti che di nome, si erano trovate simpatiche a vicenda.

Così la proposta della contessa Ipsilonne di metter a parte la signora Zeta del mistero di cui s’era parlato, piacque ad entrambe le visitatrici, che accostarono le poltroncine in atto d’intimitá.

— Figurati, — disse la contessa, — che questa povera signora Icchese è perseguitata da un cavaliere piú innamorato che cortese, il quale ha l’indiscrezione di seguirla in istrada come una crestaia.

— Che mascalzone! Cosí sono educati i nostri giovinotti! — Esclamò con disprezzo la signora Zeta.

— Le pare? — entrò a dire la signora Icchese. — Io ne sono cosí mortificata, che appena mi accorgo d’essere seguita, salgo nella prima casa d’amici che trovo, per togliermi da quel ridicolo.