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in risaia | 87 |
vata all’ospedale aveva il capo in uno stato spaventevole. A stento ed a forza di spasimi s’era potuto toglierne il cadavere putrefatto della gallina nera. Intanto il sangue e gli umori s’erano appiccicati ai capelli, ed avevano formato una crosta; quando le infermiere avevano tentato di staccarla, l’ammalata aveva messo tali grida, che s’era dovuto smettere. Poi le avevano applicato il ghiaccio continuamente per curarla dal tifo; e l’umidità, e l’ardore febbrile del capo, favorirono la putrefazione di quelle sostanze organiche di cui i capelli erano impregnati. Ed appena lo stato della malata permise di liberarla da quella calotta fetida e dolorosa, la capigliatura si staccò con essa; si sviluppò una malattia al cuoio capelluto ed il povero cranio denudato rimase coperto da pustole purulenti.
Fu una malattia lunga lunga ed una cura dolorosa. E dopo sei mesi, quando tutto fu finito, la bella testa bionda della Nanna era spelata e lucida come un ginocchio.