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quell’inurbano galante guardandola in viso. E con questo complimento, le afferrò la destra, le cinse la vita col braccio, le piantò la mano poderosa nella schiena, e cominciò a danzare nel modo sconcio dei contadini, colla persona stretta a quella di lei, incrociandole le gambe colle sue, sfiorandole il viso col viso, contorcendole il dorso, come se volesse slogarle la spina dorsale.

E la Nanna gli posava languidamente sulla spalla la mano sinistra, cogli zoccoletti pendenti come una pezzuola profumata, e sentiva nel cuore il contraccolpo di quelle strette, di quegli sfioramenti, di quel fiato ansimante e caldo che le soffiava nel collo. Ma intanto il martello le picchiava forte forte nella testa, e quando, alle ultime battute della musica, Gaudenzio le fece fare un turbinio di giri a rovescio, si sentì mulinare dentro il cervello come un arcolaio, non vide più nulla, le parve di star sospesa in diagonale tra cielo e terra, e disse aggrappandosi al ballerino:

— Tenetemi che vado giù; e credendo di