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non si era mai sentita così male. Le fischiavano gli orecchi, e le doleva tutto il capo pulseggiando di dentro, come se le picchiassero un martellino sopra il cervello indolenzito. Era uno spasimo acuto e profondo che le rispondeva negli occhi, e le impediva di alzar le palpebre.

Scoraggiata di sentirsi a quel modo, andò ad accoccolarsi in un angolo della corte, e stette a guardare traverso le ciglia socchiuse.

Finita quella polka, Gaudenzio la vide; si accostò col cappello sull’orecchio e, porgendole il gomito, le accennò del capo e disse:

— Andiamo, su!

Altro che su. Avrebbe voluto volare, povera Nanna. Puntò le mani sulle ginocchia e fece per alzarsi. Ma pareva che fosse tutta di piombo. Le sue membra pesavano tanto, che non ebbe la forza di moverle.

— Non posso, disse con un sospiro che pareva un gemito. Sto tanto male!

— Ah, povero me! Che donna! avete sempre male voi, rispose il carrettiere, a cui la