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in su, per vedere se spuntasse un occhio di sole a diradare quel vapore, che le pesava sui polmoni e sul cuore.

Povera Nanna, che razza di desiderio! Quando il sole venne, un sole di giugno che bruciava come una fiamma, si sentì cuocere il cervello ed arder le carni. Il sudore le scolava giù lungo il collo, le cadeva dalla fronte a grosse goccie, che piombando nell’acqua della risaia, vi segnavano dei cerchi come fossero sassolini. E da quell’acqua stagnante e riscaldata, esalavano miasmi puzzolenti, che sconvolgevano lo stomaco.

Verso le due l’ardore del sole era così intenso, che pareva di sentirsi guizzare intorno delle lingue di fuoco, che lambissero le carni, che succhiassero il sangue. Ed a misura che il caldo aumentava, il puzzo delle acque si faceva più insopportabile.

La Nanna aveva la nausea. Si rizzò cogli occhi iniettati e le vene della fronte inturgidite dal lungo star china, e disse con profondo sconforto: