Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
in risaia | 29 |
La moglie crollò le spalle, e la figliola si mise a gridare:
— Cosa possiamo fare con trenta lire?
— Ma, se non ne ho di più! Volete che vada a rubare?
Pover’uomo. Trenta lire! Trenta giornate di sudore; trenta gocce del suo sangue! Le dava, là, sulla tavola, per comperare degli spilli; lui, che viveva di legumi e di cattivo pane di gran turco, e mangiava appena un po’ di carne nelle grandi solennità, e beveva acqua tutta la settimana, e lavorava da un capo d’anno all’altro come un condannato! Era magnifico nella sua abnegazione; era generoso; era grande. E disprezzavano il suo dono! Se avesse potuto misurare tutta l’immensità di quell’ingiustizia, avrebbe detto che le sue donne erano ingrate e crudeli.
Ma non disse nulla. L’uso rendeva quella spesa così indispensabile, che l’esigenza delle donne era giustificata ai suoi occhi; era crucciato soltanto di non poter dare di più. Tornò a borbottare: