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il folletto | 229 |
povero matrimonio: i figli erano venuti dietro subito, ed in causa della mula, il lavoro di Gaudenzio era diminuito; e faceva una vita grama, povera donna.
Pensò di mettersi a letto per riposarsi le ossa che le dolevano, e di dire il rosario stando distesa. Nel suo stato il Signore glie l’avrebbe perdonato. Ma dopo poche avemmarie, il sonno la vinse e s’addormentò profondamente.
Al punto della mezzanotte Gaudenzio si trovò sull’uscio della stalla; una stalluccia di pochi metri quadrati, dove si assiderava tutta sola quella povera mula.
Accese la lampadetta di ferro appesa al muro, la staccò e s’accostò alla mula per vedere se avesse quel crine rosso fiammante nella coda.
Nessuno avrebbe riconosciuto in quel momento il bel Gaudenzio petulante, che, sei anni prima, col ciuffo diritto ed il cappello sull’orecchio, faceva girar la testa a tutte le mietitrici, che ballavano sull’aia della risaia grande.
Ora il cappello se l’era tirato sugli occhi,