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racconto di natale. 117

L’infante rimase stupefatto a guardarlo coi ditini stesi nel suo guanto bianco; aperse la bocca come per piangere; poi gli venne un’idea più amena. Prese il resto della chicca che aveva nell’altra mano, e cominciò a mangiare anche lui, sorridendo a Carlo con aria d’intelligenza.

Più tardi cominciò a cadere un nevischio gelido; scese la nebbia. Carlo aveva ripreso ad errare per le contrade, ma il freddo gli penetrava nelle ossa.

Avvezzo dal nonno a tutte le agiatezze, quell’umidità che gli gelava i panni addosso, gli dava noia.

Si trovava in piazza del Duomo. Pensò che quel giorno non aveva pregato, e che per questo non gli riusciva di trovar l’ospedale.

Entrò in chiesa.

Era un po’ assonnato; non si rendeva ben conto di quanto farebbe dopo.