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al magnanimo principe, che aveva ascoltato i dolori d’Italia, ed unite le sue sorti a quelle della nazione. Si recò a Torino a sanzionare del suo voto la proclamazione del giovine regno, apprese con giubilo la caduta del poter temporale, e, schivo di ogni sorta di onori, non si ritenne dall’accettare la cittadinanza romana. E qui parve compiuta la sua missione. Nelle sue case, che la morte aveva rese vuote dei suoi cari, egli trascinò per alcun tempo il debole fianco, sollecito d’ogni cosa che si riferisse al vantaggio d’Italia, sino a che il 29 maggio del passato anno, giorno della battaglia di Legnano e dell’eroico fatto di Curtatone, l’anima santa sciolse il volo a quella patria celeste,

Dove è silenzio e tenebre
La gloria che passò,1

e volle, prima di mandar l’estremo fiato, che si pregasse Dio per l’Italia, unendo in un solo concetto i due santi amori di tutta la sua lunga vita.
  1. ManzoniIl cinque maggio