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CHIESE 73

Di questa chiesa è patrono il municipio: ha nel suo seno sei ecclesiastici, cappellani della città, che sono anche canonici della Ss. Trinità nella Metropolitana. — È attigua alla chiesa del S. Spirito, colla quale comunica internamente.

(Via di San Domenico).— Dicesi fondata nel 1214. È notevole la tavola della Vergine, nella cappella del Rosario, che, avendo in braccio il bambino, porge il rosario a San Domenico; e più abbasso, Santa Caterina da Siena ed alcuni angeli in gloria. È una delle buone opere di Giovanni Francesco Barbieri da Cento, detto il Guercino. Questo quadro è il solo veramente classico che veggasi nelle chiese di Torino.

Riposa in questo tempio, e nella cappella suddetta, un famoso guerriero, Giovanni Caracciolo, principe di Melfi, duca d’Ascoli, maresciallo di Francia, morto il 5 agosto 1550: l’iscrizione si trova accanto la porta grande a sinistra. Presso la stessa porta fu deposto Filiberto Pingon, storico ed antiquario illustre. — Nel convento fiorirono varii uomini distinti.

Quella casetta bassa, per cui si ha ingresso nel chiostro, conteneva il tribunale dell’inquisizione.

S. Simone e Giuda (Borgo Dora). C. P. — Edificata nel 1780 sul disegno del conte Dellala di Beinasco, architetto del re. Nel distretto della parrocchia di questo borgo sta l’edificio noto sotto il nome di Fucina di Valdocco, dove il re Carlo Felice nel 1823 fece edificare una chiesa ad uso degli operai di quella fucina.

SS. Trinità (Via di Dora Grossa).- È una delle più belle chiese di Torino, edificata dal Vittozzi. Consiste in una rotonda di assai bella proporzione, sormontata da una cupola che finisce in una lanterna. Superiormente alla cornice del primo ordine, coronata da una balaustra, evvi un secondo ordine sostenuto da cariatidi, la cornice del quale è parimenti abbellita d’altra balaustra. Questa cupola venne alzata nel 1661. Nel 1718 fu, ad opera del Juvara, rivestita tutta la chiesa di finissimi marmi trasportati dalla Sicilia. Nel 1830 si ristorò la facciata, nel cui frontone v’ha un basso rilievo, lavoro dello stuccatore Banti, veneziano.


dato, fra le altre cose, derubó anche la custodia con l’Ostia santa: pervenuto in Torino, si sciolse il bagaglio portato da un mulo, e l’Ostia s’alzò risplendente in alto a vista di tutti, sino che essendovi accorso il vescovo Ludovico Romagnano col clero, scese nel calice che il vescovo teneva fra le mani, e fu portata alla cattedrale.