Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
amministrazione dello stato | 141 |
L’istoria del potere municipale ne’ tempi barbarici è argomento di lunghe contese. Amolone vescovo di Torino, che pontificò dall’anno 880 al 901, ebbe, al dir del cronista novalicense, discordia co’ suoi cittadini che lo cacciarono di città. Fu tre anni fuori del seggio episcopale: fatta la pace, tornò con uno stuolo d’armati e distrusse le dense torri da cui la città era circondata. Questa testimonianza d’autor tanto antico, sebbene non contemporaneo, dice il sullodato cav. Cibrario, sembra di molto peso per provare che Torino doveva avere qualche ordinamento municipale, ed è parere di taluni che nel nono secolo esso fosse una continuazione qualunque dell’antica curia romana, continuazione spesso alterata ma non mai interrotta di poi.
Nei secoli XIII e XIV molte città libere d’Italia dovettero recarsi all’obbedienza de’ sovrani, entro allo Stato de’ quali era rinchiuso il breve lor territorio, ma conservarono per privilegio le loro instituzioni municipali e la ragione di proporre alla scelta del principe il gentiluomo da eleggersi in podestà; il quale nelle terre suddite pigliava poi il nome di .vicario. A quell’epoca sembra risalire l’instituzione del vicariato che esisteva in Torino prima della promulgazione dello Statuto. Nel 1235 era vicario di Torino, per Federico II imperatore e re di Sicilia, un Pietro di Brayda, e podestà Roberto de Guiolardis. Nel 1285 era vicario di questa città, pel conte di Savoia, un Guglielmo di Viriaco, mentre ne era sindaco un Galvagno.
L’ufficio di vicario e quello di sopraintendente della polìtica, che erano divisi, venivano uniti insieme con editto del 19 dicembre 1687.
Il vicariato in Torino era una magistratura complessa, che sosteneva uffizi giudiziari di polizia municipale ed amministrativi. Il vicario sopraintendente generale di politica e polizia era nominato ad ogni biennio dal re sulla proposta di tre decurioni di prima classe formata dal consiglio della città, il quale era composto di sessanta membri, cioè un vicario, due sindaci e cinquantasette decurioni, ossiano consiglieri. I decurioni erano divisi in due classi, cioè 30 di prima, compresi il vicario e il primo sindaco e scelti tra i nobili più qualificati o per nascita, o per dignità o per antico vassallaggio, e 30 di seconda, compreso il secondo sindaco ed eletti tra gli altri vassalli e migliori cittadini, tra gli avvocati e i negozianti di maggior credito. I decurioni venivano tutti ripartiti in diversi ufficii, appartenenti alla pubblica amministrazione. Il consiglio generale della citta radunavasi stabilmente tre volte all’anno. Esso eleggeva tutti gl’impiegati subalterni della città, ed aveva l’autorità omnimoda nelle cose concernenti il pubblico maneggio con la libera ed assoluta